Statua di Iside (statua)

Iside, Roma, SECOLI/ I

La statua raffigurante una figura femminile stante sulla gamba destra, con la sinistra leggermente portata in avanti. Veste un lungo chitone manicato con scollo arrotondato e al di sopra il peplo disposto obliquamente sul petto, che lascia scoperta la spalla sinistra e ricade sul davanti, formando una sequenza di pieghe appiattite disposte a zig-zag con chiaro intento decorativo. I piedi calzano sandali con lacci interanulari. Le braccia per quanto si conservano, sono aderenti al corpo: il destro è piegato ed una intaccatura sul vestito in corrispondenza di questo, lascia pensare che fosse proteso. La testa, lavorata insieme al corpo, ha volto ovale e pieno, leggermente inclinata sulla spalla sinistra, e rivolto in questa direzione. I capelli, divisi da una scriminatura centrale e disposti in larghe ondulazioni sulla fronte e sulle tempie, sono stretti da una benda che circonda il capo. Si raccolgono sulla nuca in una bassa crocchia dalla quale si sciolgono lunghe ciocche ricadenti sulle spalle. Sulla sommità del cranio è presente un crescente lunare sormontato da due spighe di grano. Sul retro la statua appare leggermente appiattita, con pieghe rese a basso rilievo. La figura, che poggia su una base quadrangolare è rappresentata per una visione perfettamente frontale, sottolineata dallo sguardo diretto in avanti, appena mossa dall'accenno di passo della gamba sinistra. Secondo Heidenreich (in bibl., col. 682-683, tavv. 3-5), la nostra scultura presenta stringenti analogie con un'altra statua, dalla raccolta Alberici (Herderjurgen, in bibl., p. 77). Una successiva evoluzione, rispetto agli esemplari già citati, è rappresentata dalla Kore Barracco (Heidenreich, in bibl. col. 680; Helbig. n, 1847) che per il Bulle (in Abhandl. Bayer. Akad. Philol. Klasse, 30, 1918, 2, p. 17) riprende il tipo della Spes. Diversi spunti di confronto sussistono, inoltre, tra la statua del Museo Nazionale Romano ed un'altra al Museo Torlonia (Visconti, n. 482): quest'ultima viene datata da Herderjurgen (Madrider Mitteilungen, 9, 1968, p. 218-219) all'incirca in età claudia, sulla base di una esegesi stilistica, particolarmente dei tratti del volto. Non è possibile ricercare veri e propri prototipi per queste sculture o considerarle strettamente copie; come ha osservato lo Heidenreich (in bibl., passim)in esse si può rilevare l'evoluzione romana dello stile ellenistico esemplificato nelle danzatrici di Pergamo. Ma il tipo di peplo obliquo, quale si riscontra nella statua delle Terme, ha perso molto della ricchezza e ridondanza delle forme pergamene, acquistando qualcosa in senso più decorativo e lineare alla maniera dei lavori attici. Tale carattere, già notato dalla Harrison (E.B. Harrison, Archaic and Archaistic sculpture, The Athenian Agorà, XI, Princeton 1965, pp. 54-67) ha fatto ipotizzare alla studiosa, nelle sculture romane precedentemente citate, un tentativo di imitazione dello stile attico. Infatti il peplo obliquo si ritrova in alcune Korai, probabilmente perirrantheria, da Eleusi, tra le quali una è datata dall'iscrizione al tardo IV o inizio III sec. a.C. (Harrison, op. cit., p. 56, con bibl.). Nella scultura delle Terme, la resa piuttosto appiattita delle pieghe mostra un evidente influsso neoattico ed un carattere arcaizzante che si evidenzia nel motivo del risvolto superiore a zig-zag. Anche la posa rigidamente frontale, con lo sguardo rivolto in avanti, ricorda quello delle Korai arcaiche, mentre l'avanzare della gamba sinistra riecheggia, in forma ormai irrigidita, il passo delle danzatrici di Pergamo. Interessante il contrasto tipologico-stilistico tra l'acconciatura dei capelli, di chiara derivazione classica, il modellato del viso, influenzato dalle opere neoattiche, e il trattamento del panneggio che vuole richiamare opere arcaiche. Da rilevare inoltre che gli attributi delle spighe di grano e del crescente lunare sul capo rendono certa l'identificazione come Iside della scultura del Museo Nazionale Romano. In particolare, le spighe di grano indicano un'assimilazione di Iside a Demetra; tale assimilazione è attestata nelle raffigurazioni a partire da età tolemaica (V. Tran Tam Tinh, Le culte des divinitès orientales a Hercolamum, Leiden 1971, p.14-15). Per le abbreviazioni nel testo e nella bibliografia confronta i volumi relativi alle sculture del Museo Nazionale Romano a cura di A. Giuliano

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