Sarcofago con scene mitologiche di Marte e Venere (sarcofago/ fronte)

Roma, SECOLI/ II terzo quarto

È rappresentato l'episodio mitico dell'amore illecito di Ares e Afrodite scoperto da Efesto e da lui svelato agli altri dei dell'Olimpo. La coppia degli amanti è rappresentata seduta su una kline sorretta da Eroti inginocchiati, in funzione di Telamoni. A sinistra è Ares, di tre quarti verso destra; è nudo, con balteo incrociato sul petto ed elmo sul capo. La gamba destra è tesa dietro e il piede è appoggia to sulla corazza che giace a terra; la gamba sinistra è piegata, con il piede che poggia sullo scudo rotondo. Il braccio destro è in gran parte mancante. Con la mano sinistra sfiora il volto di Afrodite. La dea siede verso destra ma volge indietro la testa. E' nuda. Un lungo velo è drappeggiato sulla kline e sale dietro le spalle dove forma velificatio. I capelli che in parte scendono davanti alle spalle sono ornati da un diadema. La dea tiene un torques nella mano sinistra. Un Erote (acefalo con arti frammentari) sostiene il velo della dea. Di un secondo Erote, rimangono solo le gambe ai piedi di Ares. A sinistra di Ares è Efesto, barbato, vestito di exomis. Il corpo e le braccia sono rivolte verso i due amanti, mentre la testa è ruotata all'indietro in direzione di un gruppo di divinità che osservano. In secondo piano, fra Ares ed Efesto, è un giovane nudo con la sola clamide passante davanti al petto. La testa è di restauro. L'identificazione con Helios è resa possibile dal confronto con altri sarcofagi dove il dio appare sempre accanto ad Efesto (ROBERT, III, 2, nn. 193 e 195). Due gruppi di divinità occupano le estremità del rilievo. A sinistra, in primo piano Cibele sul trono fiancheggiato da leoni; siede di tre quarti verso destra; indossa chitone altocinto e himation che passa sulla testa or nata da una corona turrita. A destra della dea, in secondo piano, è Hermes riconoscibile dall'attributo del caduceo (la testa invece è di restauro). E' nudo; un himation è appoggiato sulla spalla sinistra. Sullo sfondo, una figura femminile in chitone e himation che forma velificatio intorno alla testa, è identificabile con Selene. Dietro il trono di Cibele è Apollo stante, nudo con sola clamide trattenuta sulla spalla sinistra e passante da vanti al petto. La testa è di restauro, ma le ciocche che scendono sulle spalle insieme al ramo di lauro e alla lira che il dio tiene nella sinistra confermano l'identificazione con Apollo. Sullo sfondo la testa di profilo di una figura femminile con capelli raccolti in un nodo sulla nuca, rappresenta con ogni probabilità Artemide, che su un sarcofago di Amalfi con la stessa scena, appare, come di consueto, accanto ad Apollo (ROBERT, n. 193). L'ultima figura di sinistra è conservata assai male; nel disegno dello Zoega (in bibl.) si distingue la sagoma della testa e di parte del corpo rivolto a sinistra. Un mantello è conservato vicino alla figura quasi scomparsa. La presenza di un mostro dal corpo di tritone accanto al piede permette di ricostruire in questo punto la figura di Posidone. Un'ultima figura più piccola occupava lo spazio in primo piano fra Cibele ed Apollo. Se ne conserva un piede, parte di un mantello che avvolgeva la figura e l'impronta di un copricapo conico, elementi questi che riconducono all'iconografia di Attis. (Nello stesso punto, però, il Winckelmann, in bibl., ha visto un tripode). Il gruppo di divinità a destra è composto dalla coppia Eracle (con clava) e Dioniso (con nebride e lunghi capelli), rappresentati come in colloquio. Le teste sono di restauro ma la posizione è confermata dal confronto col sarcofago di Amalfi. Ai loro piedi è semisdraiata una figura femminile con busto nudo e cornucopia che personifica la Tellus. Appoggia la spalla contro il corpo di un vitello accovacciato (acefalo). Sullo sfondo, seminascosto dietro la spalliera della kline è un personaggio virile nudo, con clamide sulla spalla sinistra. La testa è quasi del tutto di restauro salvo i capelli che scendono sul collo e la punta della barba. Il Robert vi ha riconosciuto il dio romano Quirinus. In un passo dell'odissea (8,324), Omero narra l'episodio dell'amore illecito tra Arese Afrodite scoperto da Efesto e da lui esposto alla vista di tutti gli dei. Fu il Winckelmann (in bibl.) che riconobbe per primo questo mito nella raffigurazione del rilievo Del Drago. La stessa scena decora anche un sarcofago che il Winckelmann disegnò e il Robert nel 1904 (ROBERT, III, 2, 195) riteneva perduto: il pezzo è stato recentemente riconosciuto in un sarcofago conservato nell'Abbazia di Grottaferrata (H. SICHTERMANN, G. KOCH, Griechischen Myten auf Römischen Sarkophagen, Tübingen 1975, p. 24, tavv. 26, 29). Lo Zoega (in bibl.) non condivise l'opinione di Winckelmann, notando che nel rilievo Albani-Del Drago compaiono anche divinità femminili mentre in Omero si narra che le dee non erano accorse al richiamo di Efesto. Lo studioso pertanto riconosce nella scena le nozze di Cadmo e Armonia. Tuttavia le numerose analogie con il sarcofago di Grottaferrata, dove compaiono solo divinità maschili che non lasciano dubbi sull'identificazione del soggetto, permettono di riconoscere in questo esemplare una versione fedele, e nel rilievo Del Drago una variante, dell'iconografia ispirata allo stesso racconto omerico. La scena del rilievo del Drago si allontana da quello che deve essere stato il modello originario ispirato al passo omerico, anche per l'adozione di un'immagine di Afrodite, nuda con velificatio, chiaramente ispirata all' iconografia di Nereidi che appaiono sui sarcofagi con thiasos marino. Sul sarcofago di Grottaferrata, invece, la dea appare assai più dignitosa nella veste e nell'atteggiamento pudico e imbarazzato, mentre segue con lo sguardo il sonno che si allontana. Inoltre mentre nel rilievo Del Drago Ares siede in posizione poco naturale sull'orlo della kline, volgendo le spalle ad Efesto, sul sarcofago di Grottaferrata il dio siede con più abbandono come chi si è è appena svegliato dal sonno. L'esemplare di Grottaferrata documenta inoltre l'esistenza di una scena che nel rilievo Del Drago trova confronto: all'estremità sinistra sono rappresentate le nozze di Efesto e Afrodite, alla presenza della Concordia. E' improbabile che questa scena si trovasse originariamente anche nel rilievo in oggetto, frammentario proprio in questo lato, perchè la misura della fronte conservata renderebbe necessario supporre, con l'integrazione di quella scena, una cassa di lunghezza insolita. Il Robert (in bibl.) supponendo che il gruppo di Ares e Afrodite occupasse esattamente il centro della composizione (anche se nell'esemplare di Grottaferrata questo criterio di centralità non è affatto rispettato) propone una serie di integrazione all'estremità destra della lastra. Nella mano sinistra di Dioniso doveva essere un tirso di cui il Robert riconosce la traccia presso l'orlo superiore del rilievo, sul braccio sinistro e sulla zampa della nebris. Bisogna inoltre integrare la figura di Tellus distesa verso destra. Infine all'estremità destra della lastra una figura di Zeus in trono doveva fare pendant al la Cibele conservata a sinistra, in analogia con la scena di un sarcofago di Amalfi (ROBERT, in bibl., n. 193). All'estremità destra quest'ultimo esemplare conserva, accanto a Eracle e Dioniso, un altro gruppo di divinità con Zeus in trono, al centro, e ai suoi fianchi Hera, Hermes e Atena; ai piedi di Zeus il Caelus, emergente da terra solo fino alla vita, e la Tellus come nel rilievo Del Drago. Il sarcofago di Amalfi è dunque prezioso per la ricostruzione di una parte della scena nel rilievo Del Drago. Il confronto non sembra attendibile, invece, per quanto riguarda il gruppo di Ares e Afrodite che risulta chiaramente influenzato dall'iconografia dell'incontro di Marte e Rea Silvia (cfr.ROBERT, in bibl.nn. 188-192); infatti la fi gura di Ares vestito delle sue armi e in piedi contrasta con il racconto omerico nel quale gli amanti sono sorpresi nel sonno dal marito tradito. L'ipotesi che il sarcofago di Grottaferrata ripeta, invece, con maggior fedeltà un modello, plastico o pittorico, sembra confermata dalla somiglianza con la scena rappresentata in forma sintetica sull'ara Casali, conservata in Vaticano (AMELUNG, II, n. 87 a, tav. 15; HELBIG 4, n. 268: E. Simon); anche in questo caso la coppia divina è rappresentata semidistesa sulla kline mentre il sonno fugge verso sinistra e a destra Efesto. Il mito rappresentato su monumenti funerari (sarcofagi, ara Casali) è stato spiegato in senso simbolico da F. Cumont (Recherches sur le symbolisme, 1942, tav. 1,2) che vede nei due adulteri (che nel mito omerico sono imprigionati da Efesto in una rete) il simbolo dell'anima imprigionata e liberata, attraverso la morte, dai legami ter reni simboleggiati da Vulcano. Tale opinione non è però condivisa da K. Schefold (Force du symbolisme funeraire des Romains, in RA, 1961,2, p. 200) cui sembra impossibile che l'allegoria della liberazione dell'anima sia rappresentata da una scena di adulterio; la contaminazione con il mito di Marte e Rea Silvia, nell'esemplare di Amalfi, prova che il significato simbolico è piuttosto quello per cui l'amore divino eleva anche le anime umane. I tre sarcofagi che ci hanno tramandato la rappresentazione del mito di Marte e Afrodite sono concentrati in un breve arco cronologico che il Robert pone nel corso del II sec. d.C

  • OGGETTO sarcofago/ fronte
  • MATERIA E TECNICA MARMO BIANCO
  • MISURE Altezza: 55 cm
    Lunghezza: 160 cm
    Spessore: 18 cm
  • CLASSIFICAZIONE ARREDI/ ARREDI FUNERARI/ SARCOFAGI
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Collezione Del Drago Albani
  • LOCALIZZAZIONE Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps
  • INDIRIZZO Piazza di Sant'Apollinare 46, 00186, Roma (RM)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Reperti archeologici
  • SPECIFICHE DI REPERIMENTO Nella collezione del cardinale Camillo Massimo fino alla fine del 1600, in seguito nella collezione del Drago Albani
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200079559
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Museo Nazionale Romano
  • ENTE SCHEDATORE Museo Nazionale Romano-Palazzo Altemps
  • DATA DI COMPILAZIONE 1979
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'