Castello dei Fieschi (struttura di fortificazione castello militare)

Montoggio,
  • OGGETTO struttura di fortificazione castello militare
  • LOCALIZZAZIONE Montoggio (GE) - Liguria , ITALIA
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Sull'altura che sovrasta il centro del paese ci sono i ruderi del castello, noto per aver rappresentano l'ultimo tragico capitolo della congiura dei Fieschi, nel 1547. La prima notizia relativa al castello risale al 1157 ed è contenuta in una Bolla papale di Adriano IV nella quale venivano confermati al Vescovo di Tortona alcuni beni tra i quali il “Castrum Montem Obblum”. Fu, per breve tempo, proprietà dei Malaspina e dei Doria, passò nelle mani dei Fieschi probabilmente tra la fine del XIII e la metà del XIV secolo. Nel 1386 è proprietà di Antonio Fieschi, figlio del famoso Nicolò, signore anche di Torriglia, Pontremoli, Borgo Val di Taro, Calestano e Vigolone. Nel XV secolo fu coinvolto, come molti altri fortilizi della famiglia, nelle lotte tra Genova ed il Ducato di Milano e occupato, per breve tempo, dalle truppe milanesi. Verso la fine del XV secolo il Castello deve aver assunto il suo aspetto definitivo di imponente roccaforte e splendida dimora signorile. Tanto che Sinibaldo Fieschi insieme alla moglie Maria della Rovere la scelsero come residenza stabile per lungo tempo. Montoggio rappresentò per i Fieschi, insieme ai territori dell’Oltregiogo, una risorsa di uomini fidati e un sicuro rifugio nelle situazioni politiche avverse. Lontani dalla città di Genova, nelle sue sale dovevano svolgersi riunioni segrete e delicati colloqui con gli alleati per decidere e condizionare il quadro politico genovese ed internazionale. Dopo la morte di Gianluigi Fieschi e il conseguente fallimento della congiura, il fratello Gerolamo fuggì da Genova e si rifugiò insieme ai suoi uomini all’interno delle mura del Castello di Montoggio. L’11 Marzo del 1547 il Governo genovese iniziò l’assedio dopo il rifiuto di Gerolamo di arrendersi e di consegnare il castello in cambio di 50 000 scudi. L’assedio durò circa tre mesi e l’11 giugno del 1547 alcuni mercenari, ormai stremati dal lungo assedio e avviliti dalla mancanza delle paghe, fecero entrare nel Castello un gruppo di soldati genovesi guidati da Sebastiano Lercari che costrinse Gerolamo alla resa. Quest’ultimo il 12 luglio dopo un sommario processo fu decapitato, insieme ai suoi uomini più fidati, presso la Cappella di San Rocco. Nel settembre del 1547 il Castello, su ordine del Senato genovese, venne minato e fatto esplodere, ma lo spessore delle mura era tale che impegnò gli artificieri altri due anni per poter rendere la struttura inutilizzabile. Dell’imponente Castello oggi non sono rimasti che semplici ruderi del corpo centrale e di un torrione laterale. Costruito sopra la sommità di un colle che domina l’abitato, secondo l’asse di crinale est - ovest, il Castello aveva verso ponente l’ingresso costituito da un fortilizio autonomo dal quale si accedeva alla piazza d’armi. Questa era protetta da alte mura merlate sulle quali si aprivano numerose feritoie di diversa ampiezza e si affacciavano le stalle e altri locali di servizio. Al fondo della piazza d’armi, ma separato da un fossato, si ergeva la cosiddetta “cittadella”. Era questa, la parte principale del castello e probabilmente la più antica, articolata su più piani, aveva una pianta quadrata di circa 30 metri per lato ed era rinforzata agli angoli da quattro torrioni. Al centro si trovava una quinta torre a pianta circolare a due piani, conosciuta con il nome di “torre de mezo”, ospitava due ampie stanze per piano. Il torrione dislocato verso il bosco, rimasto parzialmente in piedi, era collegato attraverso un corridoio a quello di San Rocco, situato a nord – est, ed ora andato completamente distrutto. Le due torri erano le più esposte e quindi erano particolarmente ben armate con “8 smerigli a cavalletto, 16 archibugi, 4 sagri di metallo su ruota e altre artiglierie, con 700 palle di pietra di diverso calibro”. Attraverso un’attenta lettura dei documenti cinquecenteschi d’archivio è possibile comprendere l’articolarsi degli spazi interni del castello. Nella cittadella si trovavano al piano terra gli ambienti di servizio con ampie cantine e spazi per botti e barili di grande capacità, la cisterna per l’acqua, l’ambiente del forno, dotato di una madia “da impastare”, quattro “tavole da pan”, setacci e pale per infornare, ed infine la cucina. Quest’ultima era dotata di dispense e ricche attrezzature: secchi in rame, piatti, spiedi con cavalletto, padelle “bone” e “cattive”, ramaioli, mortai e pestelli, griglie per arrostire alla brace, una padella forata per le caldarroste e scodella in terracotta. Al piano superiore vi erano almeno tredici diversi ambienti alcuni riservati alla vita privata del signore e della famiglia, la stanza del castellano ed altre di rappresentanza, come il salone riscaldato da un camino adibito anche a sala dei banchetti
  • TIPOLOGIA SCHEDA Siti archeologici
  • INTERPRETAZIONE Castello
  • CONDIZIONE GIURIDICA dato non disponibile
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0700374010
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia
  • DATA DI COMPILAZIONE 2020
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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