Castellaro di Zignago (insediamento castelliere)

Zignago,

Il Castellaro di Zignago corrisponde a uno sperone roccioso (944.4 m s.l.m.) contraddistinto da versanti scoscesi e da una sommità pianeggiante, esito, almeno in parte, delle attività risalenti alla frequentazione protostorica. Il sito sorge in posizione favorevole per il controllo del territorio e delle vie di transito, tra le quali il percorso che dalla piana lunense conduce a Piacenza seguendo lo spartiacque tra i fiumi Vara e Magra, identificato nelle fonti documentarie come Via Regia. Le indagini archeologiche, articolare in tre principali campagne di scavo e condotte tra il 1969 e il 1971 e proseguite, poi, negli anni successivi, hanno evidenziato interventi antropici finalizzati alla sistemazione dei versanti con riporti di argilla e terrazzamenti per regolarizzare l’andamento naturale del terreno. Le evidenze preistoriche e protostoriche di frequentazione risalgono al Bronzo Medio e, più intensamente, al Bronzo Recente e Finale, mentre l’Età del Ferro è documentata da reperti sporadici, tra cui un’ansa di impasto buccheroide decorata a solcature. All'occupazione del Bronzo Recente – Bronzo Finale si riferiscono le tracce di un insediamento capannicolo, rappresentate da lacerti pavimentali, piani di calpestio in argilla con fori per pali e da alcune murature in pietra. I resti di una capanna, riconducibili a due distinte fasi costruttive, sono stati individuati sul versante meridionale del castellaro. Nella fase più recente, connotata da evidenze più persistenti, la capanna presentava pianta quadrangolare, con pareti in materiale deperibile su zoccolature in pietra, e focolare posto all'esterno. Una seconda capanna, anch'essa caratterizzata da due fasi costruttive, è stata posta in luce nella zona orientale del sito. Il primo impianto corrisponde a un edificio in materiale deperibile a pianta ellittica o circolare, poi sostituito da una capanna a pianta quadrangolare. In entrambe le fasi le coperture dovevano avere spioventi fino a terra, come suggerito dal numero e dalla disposizione delle lacune individuate. I frammenti di concotto rinvenuti durante lo scavo evidenziano, infine, l’utilizzo di pareti costituite da rami intrecciati ricoperti di argilla. Un'ulteriore struttura, a pianta sub-circolare e con piani di calpestio in argilla, è stata individuata, infine, presso la sommità del Castellaro. Le indagini hanno permesso di documentare una successione di piani pavimentali sovrapposti e la presenza di una buca scavata nel penultimo riporto di argilla e posta all’incirca al centro della capanna. La presenza di un contenitore ceramico con ghiande carbonizzate, rovesciato all’interno della lacuna, ha suggerito di ricondurre l’evidenza a un “rito di fondazione”. I numerosi materiali, in particolare reperti fittili, recuperati nel corso delle indagini hanno consentito di definire la cronologia dell’insediamento e di riconoscerne il contesto culturale, rilevando influssi e contatti con la Cultura di Canegrate nel Bronzo Recente e con l’area protogolasecchiana e protovillanoviana nel Bronzo Finale. Le attività di scavo condotte sulla sommità del Castellaro hanno permesso altresì di interpretare le strutture murarie affioranti e di delineare l’occupazione del sito in età medievale. In particolare, è stato possibile identificare due distinte fasi edilizie, distinguibili per conformazione dell’impianto e per caratteristiche tecnico-costruttive. La più antica, riferibile al periodo bizantino sulla base dell’associazione con ceramiche del “tipo Luscignano”, era costituita da un recinto in muratura con torre centrale a pianta quadrangolare e fondazioni a secco, probabilmente in uso contestualmente ad alcuni edifici in materiale deperibile. In una seconda fase, da riferire a un orizzonte cronologico di XI-XII secolo, si assiste alla costruzione di un nuovo impianto con funzioni militari, connotato da una nuova torre in muratura, abitabile, realizzata a breve distanza dalla precedente e compresa entro il perimetro fortificato di una cinta poligonale. Tale fortificazione, probabilmente sorta per iniziativa dei domini di Vezzano, sembra in abbandono già agli inizi del XIII secolo

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