Castellaro di Pignone (insediamento castelliere)

Pignone, ca IV a.C - ca III a.C

L’insediamento di sommità di Monte Castellaro, di cui ancora sfugge l’estensione complessiva, sorge in corrispondenza di un rilievo collinare naturalmente difeso, alla quota di 332 m s.l.m, al confine tra i comuni di Pignone e Beverino. Evidenze di natura archeologica sono emerse presso la cima e lungo i versanti della collina, sebbene risultino in gran parte decontestualizzate a causa dell’erosione dei pendii e degli interventi antropici più recenti. L’importanza archeologica del Monte Castellaro è nota sin dagli anni Quaranta del XX secolo, quando i sondaggi archeologici condotti da Bernabò Brea, Soprintendente alle Antichità della Liguria, hanno permesso di inquadrare il sito tra i castellari liguri, ponendo in luce materiali databili alla seconda Età del Ferro. Ulteriori ricerche di superficie e attività di scavo condotte ripetutamente negli anni a seguire, sul pianoro sommitale e lungo i versanti della collina, fino alle più recenti indagini del 2014, hanno permesso di meglio precisare le fasi di occupazione dell’insediamento. In particolare, uno scavo di emergenza condotto nel 1989 a seguito di lavori di estrazione della cava ubicata sul versante sud-est del Castellaro, ha riportato alla luce una stratificazione antropica, evidenziando una frequentazione dell’Età del Bronzo Recente – inizi del Bronzo Finale nella parte più bassa del versante, al di sotto di quella che tradizionalmente era considerata la sede principale dell’insediamento. La ricerca, condotta con approccio multidisciplinare, ha individuato testimonianze di attività agricola e di possibili sistemazioni del versante con terrazzamenti, sebbene siano stati rilevati, attraverso ulteriori indagini esplorative condotte negli anni 1990-1991, anche fenomeni erosivi che hanno comportato la dislocazione verso valle di parte dei depositi archeologici. I materiali più antichi al momento rinvenuti sul Monte Castellaro sono inquadrabili in tale orizzonte cronologico e testimoniano l’occupazione dell’altura, compresi i relativi versanti, secondo una scelta insediativa che trova riscontro nei coevi castellari dell’area spezzina e genovese. Al Bronzo Recente sono riferibili un piccolo vaso biconico con doppia carenatura e alcuni oggetti di ornamento in metallo (fibula in bronzo ad “arco di violino ritorto” e frammento di armilla assimilabile al tipo della cultura di Canegrate), mentre i manufatti risalenti al Bronzo Finale comprendono essenzialmente forme ceramiche, tra cui frammenti con decorazioni a “falsa cordicella” e a impressioni digitali, prodotte prevalentemente con terre derivanti dal disfacimento delle rocce gabbriche affioranti nell'area del Bracco. Le indagini archeologiche hanno per il momento evidenziato un vuoto di documentazione per quanto riguarda la prima Età del Ferro (IX-VII sec. a.C.), mentre la prevalenza dei materiali recuperati è attribuibile alla tarda Età del Ferro (IV-III sec. a.C.), fase cronologica a cui risale anche il primo impianto di una struttura insediativa, costituita da una muratura in grandi blocchi di pietra posta a chiusura di una cavità naturale, individuata sul versante orientale del colle. Nel complesso il vasellame attribuibile a questo periodo è composto in netta prevalenza da ceramiche di produzione locale, destinate alla mensa o alla cottura dei cibi, come le olle, sebbene si rilevi anche la presenza di vasetti miniaturistici, solitamente connessi a usi di natura rituale o funeraria. Si registra inoltre il rinvenimento di manufatti di importazione, come ceramiche a vernice nera e anfore greco-italiche, in associazione a oggetti di ornamento in metallo, come le fibule e i bottoni in bronzo con apice rilevato che contraddistinguono il “costume” ligure. Tra le principali attività svolte dagli abitanti del castellaro si segnalano la caccia al cervo e l’allevamento di suini e ovicaprini, attestati dagli studi archeozoologici, e probabilmente la lavorazione del ferro e della steatite, come suggerito dal rinvenimento di scorie e semilavorati. La frequentazione del sito prosegue anche nelle prime fasi della romanizzazione, a seguito della fondazione della colonia di Luna, come indica la presenza di produzioni di ceramica a vernice nera e anforacei che giungono fino al II sec. a.C., in associazione a significativi reperti numismatici, quali un asse in bronzo degli inizi del II sec. a.C. e un semiobolo in argento di produzione ligure, attribuibile al secolo successivo. A questa fase segue un lungo periodo di abbandono del sito, fino a quando, tra XIII e XIV secolo, si registra una ripresa nella frequentazione dell’altura, interessata nella prima Età Moderna dalla realizzazione di terrazzamenti a scopo agricolo che modificano l’aspetto del rilievo e compromettono la stratificazione archeologica

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