Rocca di Drego (insediamento tracce di insediamento)

Molini Di Triora,

Sito d'altura nell'alta valle Argentina, ubicato su un poggio dominante il fondovalle, costituito da uno sperone roccioso (a strapiombo verso ovest) contornato ad est da balze digradanti verso sud/sud-est, caratterizzate da resti di terrazzamenti realizzati a secco; sul lato nord-est, un tratto di muratura con andamento nord-ovest/sud-est, quasi completamente rasato e nascosto dall'erba, appare di tecnica diversa dai muri su citati. Il sito è stato identificato a seguito di un fortuito ritrovamento ottocentesco di "un numero rilevante di monete romane" (di gran parte di esse si ignora l'attuale collocazione), databili tra Augusto e Giuliano, ad opera dell'allora parroco della frazione di Andagna, don Pietro Emmanuelli. Negli anni Trenta del secolo scorso, il sito fu oggetto di una prima ricognizione condotta dai sigg. Gentile e Bianchi Porro, portando al rinvenimento di altre dieci monete, frammenti di macina reimpiegata in un casolare, ed uno strumento in ferro di incerta destinazione. Successivamente, nel 1935, il sig. Bianchi Porro fece eseguire uno scavo che restituì ceramica grezza, una lucerna frammentaria, un fondo di sigillata sudgallica con bollo 'MIN". L'anno seguente N.Lamboglia praticò alcuni saggi esplorativi. Un sondaggio venne realizzato nella "stessa area" dello scavo Bianchi Porro, ossia "nel più ampio strato erboso che si apriva all'interno del muro di sbarramento" (presumibilmente alla q. 1085): a 2,30 m di profondità si rinvenne un focolare sulla roccia sterile, con "carbone ed ossicine animali" non databili; quest'ultimo risulta coperto da un deposito di incerta formazione e apparentemente privo di stratigrafia distinguibile, ricco di "ossa di ruminanti" e ceramica grezza, attestata in due differenti impasti, in frammenti riconducibili con difficoltà a forme precise, insieme a frustuli di "vasi ed anfore" di età romana. Nell'area esterna rispetto a un muraglione in muratura a secco "che, alla distanza di 20-30 metri dalla vetta ne sbarra completamente l'accesso" furono aperti vari piccoli saggi quasi del tutto infruttuosi, ad eccezione di uno -in un punto peraltro già segnalato dai contadini come ricco di materiali ceramici-, in corripondenza della "estremità occidentale del terzo ripiano sovrastante al cascinale", che restituì analogo materiale ceramico ed una moneta di Giuliano. N.Lamboglia interpretò a suo tempo l'area come "un modesto vicus romano-ligure sviluppatosi all'ombra del primitivo castellaro, in cui le monete sarebbero gli avanzi di un ripostiglio disperso da secoli". Nel giugno 2003 e nel marzo 2004 l'area è stata oggetto di ricognizioni condotte dalla Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria. In entrambe le occasioni, i pochissimi resti ceramici provengono dalla zona della strada sterrata verso Case Gaugioso, e, in un caso, da un muro di uno degli edifici stessi (probabile ceramica sigillata africana?)

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