San Chirico Raparo (area ad uso funerario necropoli)

San Chirico Raparo, V a.C./ IV a.C

Nel 1897 viene data notizia del frequente ritrovamento in loc. Noceto (non ubicabile sulla cartografia moderna) di vasi a figure rosse e di monete d'argento di Napoli, Turi e Metaponto, messi in rapporto con l'esistenza di un centro abitato, ma più probabilmente pertinenti ad una necropoli simile e contemporanea a quelle rinvenute di recente nello stesso territorio comunale (contrada Madea). La segnalazione del rinvenimento di questi materiali, allora confluiti in una collezione privata, non è stata mai seguita da una loro pubblicazione. Tutti i successivi ritrovamenti relativi al territorio di San Chirico Raparo provengono dalla contrada Madea, corrispondente ad una terrazza collinare molto estesa ed articolata, dominante le vallate dell'Agri e di un suo affluente di destra, il torrente Racanello. Ricognizioni di superficie avevano già segnalato le tracce di un piccolo santuario lucano della fine del IV sec. a.C. e di una fattoria della seconda metà dello stesso secolo. Negli anni 1974 e 1975 la Soprintendenza Archeologica della Basilicata è intervenuta in zone diverse del pianoro, procedendo all'individuazione di due fattorie, e allo scavo di una fornace per mattoni e di quattro nuclei diversi e distanziati di necropoli. Situati ad una distanza di poche centinaia di metri uno dall'altro e costituiti da un minimo di 8 fino ad un massimo di 35 sepolture, essi si collocano in una medesima fase cronologica, che va dalla fine del V alla fine del IV sec. a.C. Ugualmente uniforme si presenta la tipologia delle sepolture e dei corredi, i cui aspetti sono quelli tipici dell'ideologia funeraria del mondo lucano, ed in particolar modo della vallata dell'Agri e dell'area campana. Le tombe, a fossa semplice e talvolta con cassa o copertura in legno, sono sempre monosome, con l'inumato in posizione distesa, e in un unico caso deposto su un letto distinto e soprelevato, costituito da due filari di mattoni. Nella composizione dei corredi risulta molto frequente la presenza di armi di offesa e di difesa nelle sepolture maschili (punte di lancia e lame in ferro; cinturoni di bronzo) ed anche in quelle di bambini (cinturoni di bronzo). I corredi femminili, meno caratterizzati, comprendono talvolta componenti dell'abbigliamento, quali fibule e, più raramente, vaghi di ambra e pasta vitrea. Oggetti verosimilmente collegabili con la sfera domestica (alari, spiedi e candelabri in piombo) sono raramente presenti, e comunque non appaiono esclusivi di un unico sesso, ma sembrano piuttosto connotare solo alcune sepolture, che si caratterizzano come emergenti anche per altri aspetti. Il corredo ceramico, esemplificato da numerosi pezzi in tutte le sepolture, presenta forme tipiche dell'area lucana interna, e poco diffuse in ambito italiota. Relativamente numerosi sono i vasi a figure rosse, tra i quali sono stati identificati alcuni prodotti dell'officina lucana del Pittore di Roccanova ed una oinochoe apula del Pittore di Digione. Di particolare interesse è il rinvenimento, in corredi della seconda metà del IV sec. a.C., di alcune ambre figurate tipologicamente confrontabili con quelle più antiche dell'area melfese. Anche nelle necropoli di San Chirico Raparo, come in quelle della vicina contrada Porcara, è ripetutamente attestata la deposizione di un osso di maiale accanto alla mano destra del defunto, oppure all'interno di uno dei vasi del corredo. Si ripropone così un'usanza che sembra essere tipica ed esclusiva dell'area della media valle dell'Agri e che forse fa riferimento ad un rituale connesso con il traghettamento verso l'Oltretomba

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