Rilievo votivo attico con Dioscuri, Elena e adoranti (rilievo/ votivo)

Dioscuri, Elena e adoranti, Roma,

Il rilievo votivo, di forma rettangolare è incorniciato sui lati lunghi da due listelli lisci e lateralmente da due pilastri lisci appena modanati alla sommità. Su fondo neutro partendo da sinistra sono rappresentate due figure maschili nude rivolte a destra sedute su rocce a forma di sedile ricoperte dalla clamide di ciascuno. Il braccio destro è appoggiato alla sommità dello schienale e il sinistro piegato al gomito si sostiene a mezz'aria impugnando la lancia. La gamba destra è allungata in avanti e si appoggia al tallone, la sinistra invece è flessa e il piede tocca terra con la parte anteriore. A fianco dei giovani sono collocati due destrieri in parte sovrapposti l'uno all'altro. Gli animali hanno la zampa sinistra sollevata con la punta dello zoccolo rivolta in basso. Il cavallo di destra si appoggia molto chiaramente ad un bucranio sul quale la figura maschile che lo affianca ha posato il piede destro. Lievi differenze si possono cogliere in questa parte del rilievo dominata da una sostanziale ripetitività iconografica: ad esempio il volto della prima figura mostra uno scorcio molto più ardito della seconda, e sempre nella prima figura la coscia sinistra appare nuda mentre nell'altra è parzialmente coperta dalla clamide. Infine nell'insieme del primo gruppo non si riscontra alcuna traccia del bucranio che invece è ben realizzato nel secondo. Di seguito, rivolta a sinistra, abbiamo una figura femminile stante sulla gamba destra e con la sinistra flessa e appena scartata di lato. Indossa un peplo stretto in vita sotto il kolpos che si adagia gonfio sui fianchi, e al di sopra dell'apoptygma. L'himation le vela il capo e le copre le spalle. Il braccio destro teso verso il basso sostiene un oinochoe, nella destra ha una phiale, entrambi strumenti per il sacrificio. I personaggi rappresentati dietro di lei, di dimensioni minori, appartengono ad una famiglia di adoranti: per primo é un giovanetto avvolto interamente nel mantello, poi un uomo barbato che sostiene un ramoscello, vestito con un himation trattenuto dal braccio sinistro che gli lascia scoperto il torace; segue una donna con peplo e himation, anche lei con il ramoscello, e per ultimo un bimbo avvolto nel mantello come il primo. I due giovani cavalieri sulla sinistra sono i Dioscuri. La tradizione mitologica voleva Castore figlio di Leda e Tindaro e perciò di natura mortale, invece Polluce, nato dall'unione di Leda con Zeus sotto l'aspetto di un cigno, era immortale insieme alla sorella Elena (CH. DAREMBERG, E. SAGLIO, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, Paris 177 ss., in bibl.). Tutti e tre vennero alla luce da un uovo, ma una leggenda più antica fa nascere Elena da Nemesi e Zeus, versione che verrà abbandonata gradualmente durante il V secolo. La coppia dei gemelli nel corso del tempo è stata protagonista di imprese eroiche e di avventure, ed è entrata in contatto con diversi culti e divinità tanto da assumere caratteristiche eterogenee estremamente complesse. Nei Dioscuri prevale tuttavia un'influenza benefica, di divinità protettrici sia dei viandanti che dei naviganti, e quindi anche dei commerci e dei traffici marittimi. In questo caso la loro personalità si confonde spesso con quella dei Cabiri di Samotracia. Il culto più antico dei Dioscuri è localizzato nella Laconia, in Messenia, Argolide, ma la sua diffusione interessa le altre regioni della Grecia fino ad espandersi in tutto il bacino Il culto dei Dioscuri in Atene sembra essere piuttosto antico. Essi vengono identificati con gli Anakes, gruppo di due e in qualche caso di tre divinità anonime (B. HEMBERG, Anax, Anassa, Anakes, Uppsala 1931, p.31 ss.) il cui santuario, non ancora rinvenuto (0. BRONEER, Escavations on the North Slope of the Acropolis, in "Hesperia", II, 1933, p. 319 ss.; ibid., VII, 1938, p. 161; IV, 1935, p. 109 ss.) è situato dalle fonti sul pendio Nord dell'Acropoli (R. E. WYCHERLEY, The Athenian Agora, III: Literary and Epigraphical Testimonia, Princetown-New York, 1957, p. 61 ss. ma la sua esatta ubicazione è tutt'oggi discussa (B. HEMBERG, op. cit., p. 39). Nel mito di cui sopra il collegamento tra Anakes e Dioscuri è assente, tuttavia l'assimilazione tra queste due entità divine sembra compiuto attorno alla metà del V secolo (Paus. I, 18, 1), anche se Plutarco afferma che ciò avvenne proprio in seguito alla spedizione dei gemelli divini in Attica (Vita di Theseus, 33, 2). Sappiamo anche che l'Anakeion era stato arricchito di pitture eseguite da Polignoto e da Mikone i cui soggetti erano in stretta relazione con l'aspetto mitologico dei Dioscuri (J. E. HARRISON, M. de VERRALL, op. cit., p. 152). Il culto degli Anakes-Dioscuri ad Atene prevedeva lo svolgimento di particolari feste chiamate Anakeia (RE, I, 2, c. 2032, s.v. "Anakeia": P. STENGEL) in cui si organizzavano gare ippiche al termine delle quali si immolavano tre vittime: due dedicate ai gemelli e la terza ad Elena (B. HEMBERG, op. cit., p.35). Nel rilievo delle Terme il bucranio su cui il cavallo di uno dei due Dioscuri poggia lo zoccolo è sintomatico forse di questo sacrificio, ma può anche voler indicare il luogo ove tale sacrificio doveva compiersi. Per tale simbologia mi sembrano affini alcuni rilievi con Dioscuri in cui entrambi gli animali poggiano la zampa su di un altare (F. CHAPOUTHIER, op. cit., p. 24, n. 2; p. 54, n. 37; p. 56, n. 38) o su di un omphalos (Ibid., p. 29, n. 7). Pertanto Elena, venerata come una vera e propria divinità a Sparta dove il culto ha radici molto profonde (Ibid., p. 143) aveva ottenuto anche ad Atene un'importanza religiosa paragonabile a quella dei suoi fratelli liberatori. Doveva quindi essere Elena la terza Anax che insieme agli altri due Anakes-Dioscuri formava la triade divina dell'Anakeion. Sul nostro rilievo votivo la figura femminile che ha appena terminato la libagione possiede la stessa statura dei Dioscuri e per tale particolare si differenzia dalla famigliola di adoranti che la segue. Si tratta di un'eroina, oppure di una divinità che svolge un ruolo d'intermediaria presso gli dei per una richiesta di grazia o per un ringraziamento da parte dei dedicanti. Le eroine compaiono con molta frequenza sui rilievi votivi munite di phiale o di oinochoe, per lo più anonime perchè prive di attributi e raffigurate nei diversi momenti della libagione (E. MITROPOULOU, in bibl., nn. 1-17). Per il rilievo dalle ferme l'eroina potrebbe essere Elena. E' legata infatti ai Dioscuri fin dalla nascita, venendo alla luce dal loro stesso Uovo (EAA, III, pp. 293 ss., s.v. "Elena": A. COMOTTI). Il valore dei Dioscuri come Soteres si forma primariamente per la presenza di Elena sulla cui salvezza e virtù la coppia divina vigile attentamente. Inoltre nelle numerose rappresentazioni lapidee in cui compaiono i Dioscuri troviamo anche Elena: collocata al centro talvolta immobile e rigida come una statua (F. CHAPOUTHIER, op. cit., passim), oppure mentre esegue una libagione su di un piccolo altare tra i due cavalieri in posizione simmetrica, come mostrano due rilievi da Thasos (Ibid., p. 29,n. 7, tav. IV; p. 30, n. 8, tav. IV). Per quanto siano molteplici le figure di dee legate per culto sincretistico ai Dioscuri soprattutto in età ellenistica, non bisogna trascurare che la prima e la più importante delle divinità legate ai dioscuri è proprio Elena. Un tentativo d'identificazione con Demetra non oppone difficoltà dal punto di vista delle connessioni mitologiche (Enciclopedia dell'Arte Antica, III, pp. 262 ss., s.v. "Demetra": P. E. ARIAS) in quanto, come si è visto, l'iniziazione volontaria dei Dioscuri ai misteri eleusini era atto implicito per sancire la loro amicizia con la popolazione dell'Attica. Tuttavia il torso marmoreo di Eleusi mette in evidenza un abbigliamento e un atteggiamento del braccio sinistro assai diversi da quelli della dea sul rilievo in esame. Nell'originale greco infatti Demetra doveva appoggiarsi ad uno scettro (W. FUCHS, Scultura greca, p. 177, fig. 215, Milano 1982), così come nel grande rilievo di Demetra, Kore e Trittolemo, dove la dea indossa un peplo e un apoptygma (L.A.SCHNEIDER, Das grosse Eleusinische Relief und seine Kopieb, pp. 103 ss., tav. 31 ss., in "Antike Plastik", XII, 1973). Nel rilievo votivo la dea pur avendo il velo è priva del kolpos o del kalathos, nonchè dello scettro, della torcia e delle spighe che caratterizzano la tipologia di Demetra. Nelle numerose repliche romane tra cui citiamo quella del Museo Capitolino (H. STUART JONES, A Catalogue of the Ancient Sculpture preserved in the Municipal Collections of Rome - The Sculptures of the Museo Capitolino, Oxford 1912, tav. 70; DAI 69, 2119), del Prado (P. ARNDT, W. AMELUNG, Photographische Einzelaufnahmen antiker Sculpturen, München 1893, p. 1553) e del Museo di Venezia (G. TRAVERSARI, Sculture del V-IV sec. a.C. del Museo Archeologico di Venezia, Venezia 1973, pp. 52 ss., n. 20 ss.) il tipo della Demetra è ormai canonico e sostanzialmente si ispira alle Cariatidi dell'Eretteo, ma permangono sempre reali difficoltà sulla sua identificazione qualora non siano presenti gli attributi specifici. Nella Elena del rilievo votivo delle Terme l'himation è accuratamente acconciato a coprire la parte posteriore del capo, si adagia sugli omeri e scende lungo la schiena. Questo particolare permette di risalire a prototipi tardo-classici, ad esempio il gruppo di Eirene e Ploutos di Kephisodotos, creato intorno al 375 a.C. (E. LA ROCCA, in "Jahrbuch des deutschen Archcologischen Intituts", 89, 1974, p. 112 ss., in part. p. 130). Ma considerando obbiettivamente la ponderazione, l'atteggiamento delle braccia che almeno fino all'altezza del gomito restano aderenti al corpo, la figura femminile trova nelle Cariatidi uno dei principali modelli ispiratori, anche se non l'unico. Per cui la datazione al 410/409 che la Mitropoulou dà al rilievo è troppo alta. Per quanto riguarda i Dioscuri la loro posizione seduta ricorda una figura appartenente al fregio Est del Partenone. Si tratta dello Zeus, seduto con molta naturalezza, su un trono con braccioli sul cui schienale ha appoggiato l'avambraccio (F. BROMMER, Der Parthenonfries, Mainz am Rhein 1977, pp. 112, 260 e 283, tav. 174, 1-2). La variante è nel braccio libero : Zeus lo tiene abbandonato sulle ginocchia, nei Dioscuri è invece puntellato alle lance. Il torso, in entrambi i casi è visto di scorcio. Lo scultore del rilievo deve aver tenuto presente anche il Dionysos del frontone orientale del Partenone (ID., Die Parthenon-Skulpturen, Mainz am Rhein 1979, tav. 133). Il dio è sdraiato in completa nudità sul suo himation Un'asperità del terreno forma un comodo sedile al sommo del quale si sostiene con l'avambraccio. Quest'ultimo, spostato indietro crea una leggera rotazione del torso e una visione appena scorciata. Dunque la parte superiore del corpo di Dionysos e il suo aspetto atletico si rivelano quali elementi ispiratori per il rilievo. Naturalmente le esigenze di spazio e la necessità di dare un trono ai Dioscuri possono aver indotto lo scultore a collocare le figure sedute regalmente come lo Zeus, e non semisdraiate. Un altro richiamo al fregio del Partenone ci viene dalle figure di cavalli che affiancano i Dioscuri. I particolari anatomici sono stati eseguiti con notevole accuratezza. La criniera è corta e uniforme, segue il profilo ricurvo del collo fino a terminare con un ciuffo tra le orecchie. Il muso appare magro e nervoso specie nel cavallo di destra dove il marmo è meno corroso. Nel corpo si evidenziano potenza d'impianto e tensione muscolare. Questa similitudine for male si riscontra nel primo cavallo della IVa lastra del fregio Ovest, soprattutto nella criniera ancora di sapore arcaico (Id., op. cit., pp. 8 e 283, tavv. 13–15). Nel volto dei Dioscuri e degli altri personaggi visto di tre quarti si avverte un'impercettibile inclinazione della testa verso la spalla, più marcata nel primo dei fratelli divini e nella coppia adulta degli adoranti. Sebbene la Corrosione della superficie renda difficile la lettura stilistica delle teste, la profondità e l'ampiezza dell'incavo orbitale creano una zona d'ombra sugli occhi che conferisce al volto un'espressione di vaga mestizia. Tali caratteri somatici risentono del pathos scopadeo ( A. F. STEWART, Skopas of Paros, Parkridge, N. J., 1977, in part. tav 7-9, c) e investono il gusto estetico di tutta la plastica del IV secolo (H. K. SUSSEROTT, Griechische Plastik der 4o Jahrhunderts vor Christus. Untersuchungen zur Zeitbestimmung, Frankfurt am rhein Main 1938, p. 116 ss., tav. 20 ss.). Vengono poi ad essere accentuati in una particolare classe di monumenti come le stele funerarie dove il dolore e la sofferenza interiori sono amplificati anche negli atteggiamenti del corpo oltre che nel viso (N. HIMMELMANN VILDSCHUTZ, Studien zuen Ilissos Relief, München 1956, p. 11 ss., tav. 19, p. 24 s., tav. 25). Una testa di giovane conservata al Louvre è molto vicina al primo dei Dioscuri di su sinistra, sia per la concentrazione pensosa del volto che nella disposizione delle ciocche sulla fronte (J. CHARBONNEAUX, Tête de jeune homine en marbre au Musée du Louvre, in "Fondation Eugène Piot. Monuments et Mémoires", 44, 1950, p. 45 ss.;i d., R. MARTIN, F.VILLARD, La Grecia classica, Milano 1978, fig. 236). Nel secondo invece i capelli appaiono più gonfi, disposti a mo' di corona intorno al viso, come ci mostra una bella testa di Zeus a Boston (G. H. CASE, Greek and Roman Antiquities, Boston 1950, p. 76 s., fig.86) oppure anche i personaggi maschili di un rilievo votivo ad Asclepio (J.N.SVORONOS, Das Athener Nationalmuseum, Athen 1908, II, p. 351 s., n. 1402, tav.XXXV, 4). Il rilievo votivo delle Terme ha un enorme valore storico documentario come testimonianza dell'esistenza di un culto degli Anakes-Dioscuri, e quindi di un loro santuario, in particolare ad Atene e a Phegaia in Attica. Mancando notizie precise circa l'esatta provenienza dal territorio greco l'argomento del santuario al quale poteva appartenere non può essere approfondito. Comunque un altro esemplare conservato a Bologna, ma d'origine peloponnesiaca, come dimostra l'iscrizione, sottolinea il peso religioso che i greci attribuivano ai Dioscuri (P. DUCATI, Sculptures du Musèe civique de Bologne, in "Revue Archéologique", XVIII, 2, 1911, p. 151 ss., n. 10, fig. 11; DAI 62.79; AA.VV., Il Museo Civico di Bologna, Bologna 1982, p. 153). Qui i gemelli sono raffigurati stanti, in nudità eroica, con clamide e lancia, rivolti a destra e affiancati dai loro cavalli sullo sfondo, con una soluzione iconografica non molto lontana dal rilievo delle Terme. Risale, secondo la critica più recente, alla fine del IV secolo. Il rilievo in esame è invece databile per i caratteri formali e stilistici verso la metà dello stesso secolo

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