domus

Milano,

La costruzione della domus è da collocare alla metà del I sec. d.C. e rimase in uso, se pur con modifiche sostanziali alla planimetria, fino alla seconda metà del III sec. d.C., quando venne distrutta da un incendio; l’edificio presenta tre differenti fasi edilizie. La fase più antica (metà I sec. d.C.-fine I sec. d.C.) è caratterizzata da muri realizzati in grossi frammenti di sesquipedali disposti in filari regolari e legati da malta friabile con tritume di laterizi; i mattoni sono disposti in modo più ordinato lungo i lati, così da creare un paramento regolare. I laterizi sono quasi tutti frammentati e probabilmente di reimpiego. Appartenenti a questa fase sono due ambienti, uno di forma quadrangolare (2,30 x 2,20 m), con pavimento in cocciopesto grossolano, e un secondo vano contiguo a sud, di cui sono conservati solo tre muri perimetrali (misure conservate dell’ambiente 3,5 x 2,20 m) e un breve tratto di un muro divisorio. Questo secondo vano è stato individuato già nel 1961 e gli scavi ne avevano parzialmente intaccato le strutture e asportato il pavimento per la realizzazione di un saggio in profondità. Tutti i muri di questa fase sono stati rasati in antico alla quota dei piani di calpestio; un sondaggio effettuato nel 2009 presso le fondazioni di uno di essi ha permesso di rilevare che le fondazioni sono costituite da cinque corsi di mattoni. Una canalizzazione si trova all’interno del muro perimetrale ovest del vano quadrangolare. La seconda fase edilizia (fine I sec. d.C.-inizi III sec. d.C.) interessa principalmente la parte nord dell’edificio, mentre nel settore sud rimane molto incerta la planimetria dei vani. Le murature di questa fase sono costituite da frammenti di sesquipedali e tegoloni ad alette disposti in corsi regolari e legati da malta bianca. I dati provengono dallo scavo del 1961, e verificati, dove possibile, nel 2009. Viene costruito un grande ambiente (almeno 7 m di lunghezza e largo 5,50 m), il cui muro sud è costruito su quello nord dell’ambiente quadrangolare della fase precedente; l’ambiente è chiuso verso ovest da un muro di cui si conserva un lungo tratto e verso est da un muro non più conservato. Il pavimento cementizio è formato da scaglie di calcare bianco e decorato da file di tessere litiche nere. Contemporaneamente la domus viene allargata verso ovest, con l’aggiunta di un secondo vano, affiancato al precedente. Le dimensioni del vano, i cui resti non sono più visibili, non sono determinabili poiché i muri risultavano per la maggior parte asportati, forse dalle opere per la costruzione delle mura massimianee. Si segnala la presenza di un lacerto di muro in asse con quello che delimita l’ambiente a sud e di un altro pavimento cementizio. L’alzato di tutti i muri individuati muri era conservato per 1 m, con decorazione pittorica in situ, decorazione databile alla fine del I sec. a.C. e oggi non più conservata. Un altro muro posto a sud, con andamento ovest-est e oggi non più visibile, sembra delimitare un ulteriore ambiente. Uno strato limoso ricco di carboni, che chiude la sequenza stratigrafia, potrebbe costituire indizio di una distruzione per incendio. Agli inizi del III sec. d.C. l’edificio fu completamente ricostruito e appare composto da una serie di vani stretti e lungo con orientamento nord-ovest/sud-est. Le strutture proseguono nell’area sottostante il Museo Archeologico per una lunghezza di circa 14,5 m, come documentato dagli scavi del 1959. Dell’imponente complesso sono oggi in vista due vani: quello a nord (5,50 x 2,50 m) conserva tutti i muri perimetrali, mentre dell’ambiente sud, non interamente conservato (lungh. max 4 x 2,50 m), sono documentati solo il perimetrale ovest, quello nord e un breve lacerto di quello est. I muri sono conservati per un’altezza di 0,80 m e attestano l’utilizzo di una tecnica muraria mista, in cui sono alternati corsi di laterizi posti di piatto a corsi di frammenti di laterizi posti a spina di pesce, intervallati da filari di ciottoli legati da malta. In un saggio nel 2009 è stata indagata la fondazione di uno dei muri, che è costituita da una base formata da frammenti di laterizi posti di taglio, alta circa 20 cm, su cui appoggiano due corsi di laterizi posti di piatto e un filare di blocchi di pietra utilizzati come risega. I pavimenti degli ambienti sono stati completamente asportati in epoche successive e rinvenuti in grossi blocchi nei livelli di distruzione. Tutti i frammenti ritrovati sono pertinenti ad un unico pavimento in cocciopesto, composto da frammenti di laterizi e malta bianca. La decorazione pavimentale è formata da tessere lapidee nere sparse e da file di crocette formate da tessere bianche e nere. La preparazione era in ciottoli e grossi frammenti di laterizi legati da malta tenace. L’edificio fu distrutto da un incendio come dimostrano i depositi rinvenuti negli ambienti; questi depositi non sono dovuti al crollo in situ delle pareti, ma al livellamento delle rovine combuste, effettuato dopo la spogliazione dei ruderi, avvenuto in occasione della risistemazione dell’intera area in epoca massimianea. I livelli di distruzione contengono numerosissimi frammenti di intonaco dipinto, lastrine di marmi di diversi colori e frammenti di stucco. La presenza di tali decorazione permette di ipotizzare che anche in questa fase l’edificio abbia mantenuto la connotazione residenziale delle fasi precedenti. Il ritrovamento nel 1961 di una moneta di Gallieno sopra lo strato di livellamento collegherebbe la distruzione dell’edificio alle incursioni degli Alamanni

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