Visione di Sant'Antonio da Padova. Angeli

dipinto,

Il dipinto proviene dalla Chiesa intitolata alla Madonna dell’Assunta o di Fantuccio, annessa al complesso conventuale dei Frati Minori Cappuccini di Ofena, ordine monastico nato dall’Osservanza, riconosciuto nel 1528 e presente in Abruzzo dal 1540, anno di fondazione del primo Convento a L'Aquila. La tela è stata rubata dopo il sisma del 2009 e ritrovata dai Carabinieri il 2 giugno 2016. In un verbale datato 1811, stilato a seguito della prima soppressione dell'Ordine dei Cappuccini, si legge che nella “Cappella di san Felice vi esiste l’altare di noce con quadro di detto Santo e di Maria Vergine”, motivo per cui il tema iconografico della tela è stato riconosciuto come l'apparizione della Vergine a san Felice da Cantalice che riceve la relativa visione di Gesù Bambino. Il santo è infatti inginocchiato al cospetto della Vergine, circondata da angeli, alla quale mostra il Bambino che tiene in braccio. Tuttavia, si deve notare come san Felice da Cantalice è sempre rappresentato come un uomo maturo o in età avanzata con la barba folta, secondo la consuetudine dei padri cappuccini; nei rari casi dove è raffigurato giovane, il santo conserva comunque la barba lunga, che ne caratterizza in maniera evidente la fisionomia. Ciò si discosta notevolmente dai tratti che connotano il santo genuflesso, che è raffigurato con aspetto giovanile e dal volto chiaramente imberbe. Da qui nasce la convinzione che il soggetto riprodotto sia la Visione di sant'Antonio da Padova (il quale è sempre raffigurato in età giovanile e senza barba) che accoglie in braccio Gesù Bambino dopo che è stato svelato dalla Vergine, la quale stringe ancora tra le mani il velo che lo copriva. Un cliché iconografico assai noto e che venne successivamente adattato, assecondando una vena più popolare, anche alla figura di san Felice da Cantalice. È allora possibile che l'identificazione del 1811 come altare di San Felice fosse errata, essendo avvenuta a distanza di secoli dalla realizzazione della tela e anche perché seguente alla canonizzazione di san Felice, il 22 maggio 1712. Va difatti osservato come il culto di san Felice, primo frate cappuccino ad essere canonizzato, vedrà una rapida diffusione nel corso del XVIII e XIX secolo, particolarmente in Abruzzo. Qui però il dipinto, che risale verosimilmente alla prima metà del XVII secolo, rappresenta un frate francescano già canonizzato, in quanto il suo capo è sovrastato da un'aureola, che costituirebbe un anacronismo nel caso di identificazione con San Felice. Per di più, tra i cherubini sono ancora riconoscibili le labili tracce di due gigli, fiori che sono notoriamente attributi iconografici di Sant'Antonio da Padova, anch'egli oggetto di diffusa e radicatissima venerazione in ambito cappuccino

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