Danae e la pioggia d'oro

dipinto,

Cornice del XIX secolo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Contarini Giovanni (attribuito)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Alessandro Varotari Detto Il Padovanino
    Caliari Paolo Detto Veronese
    Caliari Paolo Detto Veronese (seguace Di)
    Negretti Jacopo Detto Palma Il Giovane (seguace Di)
    Ambito Veneto Tardo Manierista
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Fu acquistato nel 1879 da Carlo Doglia di Genova con attribuzione a Paolo Veronese. La qualità del dipinto veniva lodata da Jacobsen (1897), che la riteneva addirittura la migliore dell’intera collezione, e la paternità dell’opera confermata da Baudi di Vesme (1899 e 1909) e da von Hadeln (1911), da Pacchioni (1932) rivolta invece in direzione di un seguace del Caliari e da Adolfo Venturi (1934) conferita ad Alessandro Varotari detto il Padovanino. Dello stesso parere Allievo-Bandini (1959), Golzio (1960), Gamulin (1960) e Prijatelj (1960) e la Guida del Museo del 1991. Soltanto Noemi Gabrielli, sulla base di un’imbeccata di Rodolfo Pallucchini, avanzava il nome di Palma il Giovane (1971), mentre recuperando una brillante intuizione espressa oralmente da Giuseppe Fiocco, Annalisa Bristot (1980) non escludeva la possibilità che potesse trattarsi di un’opera del tardo manierista Giovanni Contarini, collocandola però soltanto tra le opere incerte. La studiosa nota infatti non ci siano elementi sicuri per proporre una sicura attribuzione ma rileva altresì alcune caratteristiche che si accordano ai modi del pittore del periodo “veronesiano”, vale a dire tra il David della Querini e il Cristo portato al sepolcro della chiesa veneziana dei Tolentini. Zimmer (1988) invece non esitava a riconoscervi pienamente l’elegante cifra stilistica “rudolfina”, derivata dal soggiorno praghese dell’artista, per contro negata con fermezza dalla Bristot (2007). Ulteriori indizi a favore della sua paternità si rivelerebbero nei tratti del volto, nella plastica solida e liscia della pelle, nella morbidezza delle linee e infine nella semplificazione volumetrica delle forme e nel paesaggio tizianesco. Stupiscono però “la raffinata fattura dei gioielli, le preziosità dei panneggi e delle stoffe e la posa, di una insolita audacia, mai riscontrata nel Contarini e che meglio si accorderebbe al fare del Padovanino” (Bristot, 1980). L’originale iconografia scelta, di grande raffinatezza inventiva, favorisce anche il confronto con una Danae di collezione privata parigina, pubblicata e attribuita a Palma il Giovane da Pallucchini (1969, p. 208; Gabrielli, 1971; Bristot, 1980), ma soprattutto con un gruppo di opere come la Danae del veronese Marcantonio Bassetti e del romano Giovanni Baglione, che entro gli anni quaranta del XVII secolo si dimostrano curiosamente concordi nel reinterpretare la figura femminile distesa volgendola da tergo, secondo cioè la categoria iconografica della cosiddetta Callipigia (Dal Pozzolo, 2009). Nel gesto insolito della Danae torinese di utilizzare un lembo della cortina del letto per schermarsi dalla pioggia d’oro e nel velo trasparente posto intorno ai generosi lombi si ravvisa anzi un’interpretazione ironica del soggetto, non di rado utilizzata dal tardo manierismo europeo come risposta alla tematica erotica tizianesca e veronesiana (cfr. Aikema - Martin, 2009, p. 368)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350746
  • NUMERO D'INVENTARIO 459
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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