caccia al cervo

dipinto, ca 1775 - ca 1799

In una vasta pianura cosparsa di alberi e attraversata da un corso d'acqua, un gruppo di nobildonne e di nobiluomini a cavallo danno la caccia a un cervo. La muta di cani che accompagna i cacciatori ha quasi raggiunto la bestia che cerca di fuggire attraverso il corso d'acqua. Al centro, in lontananza, si intravvede un castello

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Cignaroli Vittorio Amedeo (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto fa parte di cinque tele - tutte attribuite a Vittorio Amedeo Cignaroli - che sono state battute all'asta Christie's di Roma del 4 dicembre 2002 e purtroppo vendute in quell'occasione a proprietari diversi. Provenienti in origine dalla collezione Colombo di Torino, dove sono documentate almeno fino al 1963, le cinque tele che mostrano per temi e per linguaggio la loro natura di ciclo, sono assegnabili ad una fase matura dell'attività di Vittorio Amedeo Cignaroli, celebre paesaggista ampiamente impiegato dalla corte sabauda e dalla nobiltà torinese. Il pittore, attivo fin dal 1749 per il Palazzo Reale di Torino (A.Baudi di Vesme, L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, vol. III, Torino 1963, p. 318), mise a punto nel corso della propria formazione un linguaggio piacevole e prezioso applicato al genere del paesaggio, la cui straordinaria fortuna in città deve probabilmente imputarsi al gusto di Maria Antonia Ferdinanda di Borbone, moglie di Vittorio Amedeo III di Savoia. Tramite gli insegnamenti offertigli dal padre Scipione, egli giunse ad aggiornarsi sulla grande tradizione fiamminga, veneta e romana, oltre ad avere a disposizione un ricchissimo repertorio di stampe e incisioni francesi documentate nella collezione paterna (A.Cottino (a cura di), Vittorio Amedeo Cignaroli. Un paesaggista alla corte dei Savoia e la sua epoca, catalogo della mostra, Torino 2001). La rielaborazione di questo retaggio culturale in chiave arcadica e rocaille lo porterà a riscuotere uno straordinario successo presso la grande e piccola nobiltà cittadina e la corte sabauda, dalla quale fu regolarmente stipendiato a partire dal 1782 in qualità di "pittore in paesaggi e boscherecce": per entrambe le committenze avvierà una corposa produzione di sovrapporte, mobili decorati, quadri da camino e dipinti spesso costituiti da cicli, come, fra gli esempi più belli, quello realizzato dal 1771 al 1778 per la sala degli Scudieri della palazzina di Stupinigi. La serie suddetta, composta da quattro pannelli verticali e da un dipinto di più ampia larghezza (quello qui preso in esame), corrisponde a una tipologia dimensionale riscontrabile nei pochi cicli conservati di questo genere; inoltre le impercettibili discrepanze di misura tra le varie tele sono certamente dovute al loro inserimento originario in vani a parete al di sotto di cornici in stucco o in legno scolpito, come nel caso dei dipinti di Palazzo Barolo a Torino. Se non è possibile stabilire per ora la completezza della serie e l'edificio di provenienza, la comparsa delle cinque tele all'esposizione torinese dedicata nel 1963 alle arti barocche piemontesi, garantisce una unità quantomeno storicizzata ma comunque comprovata da evidenti ragioni linguistiche e tematiche. In quell'occasione le opere, prestate dalla collezione torinese del commendatore Simeone Colombo, fecero la loro prima e unica comparsa pubblica e vennero attribuite al Cignaroli con una proposta cronologica alla seconda metà del Settecento per confronto con la serie analoga e un poco più tarda delle Cacce di Stupinigi (Mostra del Barocco Piemontese, 1963, vol II, pp. 110-111, schede 333-337). Giudicate "tra le prove più felici del pittore piemontese", le tele rappresentano dunque, nel connubio di soggetti galanti e nella raffigurazione di attività specifiche dei nobili (la caccia) e dei contadini (la pesca), quel gusto per la rappresentazione degli svaghi indifferentemente richiesta per gli arredi delle ville collinari e suburbane e per i palazzi di città. Nella tela in oggetto, il pittore giunse, nell'impiego di uno schema di ampio respiro che asseconda il formato pressoché quadrangolare, ad altissimi esiti nell'ottenimento da un lato di una piacevole varietà di composizione, dall'altro di una unitarietà atmosferica nella fusione dei toni profondi dell'albero che campeggia a sinistra con il lievissimo cielo azzurato e il più sfumato viale alberato che occupa, in una seconda scansione spaziale, la zona sinistra. Secondo una tipica prassi dell'artista, il dipinto non ritrae una veduta circostanziata ma un paesaggio fantasioso in cui è inserito un brano architettonico reale di area piemontese: si può scorgere infatti, al centro e in lontananza, il castello di Moncalieri. Le figure, che mostrano un ductus fluido, del tutto in sintonia con il resto della composizione, sono da ritenersi direttamente eseguite da Vittorio Amedeo. Nell'atelier dell'artista esistevano taccuini che fornivano idee per pose e tipologie, come testimonia il gruppo composto dal cavallo bianco, dai cani e dal cervo, che compare identico nel dipinto del Museo Accorsi di Torino (A.Cottino (a cura di), 2001, n. 49).Gli altri dipinti componenti in origine la serie sono:- Paesaggio con contadini che suonano e danzano (cm 223.5 x 100)- Paesaggio fluviale con contadini che pescano (cm 225 x 90)- Paesaggio con coppia che gioca su un'altalena (cfr. SBAS TO 00211703)- Paesaggio con sosta di cacciatori (cm 225.5 x 108.5)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100211702
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Torino
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2007
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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