Tirlecchia (insediamento villaggio)

Matera, PERIODIZZAZIONI/ Preistoria/ Neolitico

Nel 1916 Ridola decise di riesplorare Tirlecchia nella speranza di scoprirvi un altro villaggio. Fu così che identificò due villaggi cinti da un fossato circolare e distanti circa quattro metri l’uno dall’altro. I due fossati hanno pareti oblique e di dimensioni non costanti in tutto il percorso. Il villaggio inferiore, quello più noto, occupa un’area di 9.000 mq e presenta nella parte orientale una zona d’ingresso di forma semicircolare. Nel 1967 gli scavi del villaggio inferiore di Tirlecchia furono ripresi da F. G. Lo Porto che concentrò le sue ricerche nella parte orientale dell’insediamento. Nel 1976 il villaggio subì gravi danni causati dai lavori per la realizzazione di un acquedotto; per verificarne la consistenza M. Bernabò Brea effettuò saggi di scavo che restituirono ceramica impressa, ceramica dello stile di Guadone, graffita, dipinta a bande strette, figulina a bande rosse larghe dello stile di Serra d’Alto. Nel fossato grazie ad entrambi gli scavi (di Lo Porto e di Barnabò Brea) sono stati ritrovate una notevole quantità di grosse pietre, da riferire quasi sicuramente al crollo di muretti a secco costruiti sul margine interno. L’area interna del villaggio conserva numerose cavità di piccole dimensioni, alcune con tracce di pali ed intonaco, riferibili alla presenza di capanne. Sono stati messi in luce, inoltre, due pozzetti a campana scavati nella roccia ricolmi di ceramica impressa e ossa, e delle tombe a fossa rettangolare coperte da lastroni recanti deposizioni rannicchiate singole o doppie. Molto tempo dopo, intorno al 1990, in questa stessa area è stato localizzato un terzo villaggio trincerato. Il materiale ceramico rinvenuto testimonia un periodo di frequentazione abbastanza lungo, sono infatti presenti la ceramica impressa, la ceramica graffita (anche associata alla pittura a bande strette) e la ceramica figulina a bande rosse. Un vaso ed alcuni frammenti graffiti presentano la stilizzazione del volto umano, mentre ceramiche dello stile di Serra d’Alto e Diana Bellavista sono presenti solo negli strati superficiali della zona ovest e attestano una frequentazione, per le fasi del neolitico avanzato limitata a tale area

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