Castello di Carpena (insediamento castello)

Riccò Del Golfo Di Spezia, ca X-XII - ca XIV-XV

Il sito pluristratificato di Carpena sorge sulla sommità di un crinale secondario del Monte Parodi, alla quota di 495 m s.l.m., raggiungibile attraverso il passo della Foce. Le indagini archeologiche, condotte tra il 2003 e il 2005, nella parte più elevata dell’altura, dove si conservano i resti di strutture fortificate medievali, hanno restituito una consistente quantità di materiali archeologici, tra cui un cospicuo complesso di manufatti ceramici ascrivibili al Bronzo Finale, rinvenuto in lembi di deposito accumulatisi all’interno di una sacca rocciosa. I materiali più significativi, contraddistinti da un impasto grossolano con presenza di gabbri, sono riconducibili a vasellame decorato da cordoni, da fasci di solcature e incisioni, che trovano confronti nei contesti del Bronzo Finale dei Castellari della Liguria orientale (Zignago, Vezzola) e con i manufatti provenienti dallo strato F, sottostante la necropoli di Chiavari. Sebbene lo scavo archeologico non abbia portato all’individuazione di elementi strutturali dell’insediamento, l’ubicazione del sito a controllo di un ampio territorio circostante, alla testata della valle che conduce dal Golfo della Spezia verso la Val di Vara, è assimilabile a quella di altri insediamenti liguri identificati come castellari. Le indagini sul sito di Carpena hanno accertato la rioccupazione della sommità attorno al II secolo a.C., quando l’area è ormai inserita nel sistema di controllo territoriale posto in essere dai Romani in seguito alla deduzione della colonia di Luni. Lo scavo condotto all’interno della cripta della chiesa ha restituito materiali ceramici rappresentati da olle e recipienti fini da mensa, tra cui frammenti di vernice nera Campana A e ceramica in argilla rossa con vernice opaca e fondo d’impilement, mentre al vasellame potorio rimanda un frammento di orlo di bicchiere a pareti sottili prodotto a partire dalla metà del II secolo a.C. e poco oltre la metà di quello successivo. Per quanto concerne i contenitori da trasporto si segnalano frammenti di anfore greco-italiche, che attestano legami commerciali con l’area tirrenica, e un orlo di mortaio. Meno cospicui i reperti metallici, costituiti da un bottone in bronzo a forma di imbuto – che trova confronti con analoghi reperti in area ligure fra la fine del III e il I secolo a.C. – e un frammento di molla di fibula negli schemi del tardo La Tène. Le indagini archeologiche, finalizzate alla valorizzazione del sito, hanno interessato anche le fasi di frequentazione riferibili al Medioevo, quando la sommità dell’altura viene occupata da un impianto fortificato, alle cui vicende storiche sono strettamente connesse quelle del territorio di Riccò del Golfo. La prima attestazione del castello di Carpena, insieme al suo dominus, Enrichetto de Carpena, è contenuta negli Annali del Caffaro del 1165. Al secolo successivo risale il giuramento di fedeltà degli uomini del borgo alla Repubblica Genovese, che eleva il centro fortificato in podesteria con ampia giurisdizione sulla media e bassa Val di Vara, sul golfo spezzino e su una parte delle Cinque Terre, fino all’istituzione della podesteria della Spezia nel 1343. Il castello venne distrutto, secondo le fonti, nel 1412 ad opera della stessa Repubblica di Genova, dopo che gli uomini di Carpena si erano ribellati al dominio genovese per assoggettarsi a quello fiorentino. Sulla sommità del colle si conservano i resti di una torre quadrangolare, di cui è stato indagato il sedime interno, e tracce di altre strutture, oggetto di ulteriori interventi di scavo, probabilmente interpretabili come parte di un recinto difensivo e, forse, di un edificio residenziale signorile. I materiali rinvenuti e l’analisi delle opere murarie della torre, connotate da elementi in calcare accuratamente sbozzati e apparecchiati su corsi regolari, lasciano aperta la possibilità di collocare la fondazione dell’impianto fortificato tra X e XII secolo, mentre le fasi più recenti sarebbero riconducibili preliminarmente ai secoli XIV-XV. L’abbandono della fortificazione è segnalato dalle evidenze archeologiche relative a un’intensa attività di spoliazione delle opere murarie per il recupero di materiali da costruzione, alla quale ha fatto seguito lo spietramento superficiale dell’area connesso al rialzamento del piano di campagna con riporto di terreno a fini agricoli

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